Phoebe Zeitgeist e VANACLU' ' presentano
KAMIKAZE NUMBER FIVE
di Giuseppe Massa
Regia Giuseppe Isgrò
con Woody Neri
Dramaturg Francesca Marianna Consonni
Suono Giovanni Isgrò
Sarta Camilla Magnani
Una produzione Phoebe Zeitgeist e VANACLU'
in coproduzione con Progetto Goldstein
in collaborazione con Teatro dell'Orologio, Associazione Teatrale Pistoiese, La
Corte Ospitale Rubiera, Spazio OFF Trento
Kamikaze Number Five è il racconto del dies irae, il giorno dell'ira e del giudizio finale,
divenuto terreno, carnale, umano. Il testo racconta le ultime ore di un kamikaze. Mentre si
prepara per la fine, egli richiama i fantasmi della sua famiglia distrutta: il padre, il fratello, la
madre e la sua unica figlia. Le presenze si uniscono in una Totentanz, una danza macabra,
una riflessione sulla morte che attraversa e trafigge la vita. L'odio sotteso all'intero racconto
assume temperature e intensità diverse: da esso emergono ritmicamente forza, dolcezza,
premura, fratellanza, così come la furia cieca e il dramma di appartenere senza scampo alle
proprie relazioni, alle persone amate, al luogo in cui si nasce o si cresce. Sebbene sia il
racconto di un atto estremo esso è tutt'altro che la descrizione di un'anima monolitica e
compiuta. E' invece ambientato su una soglia, su una linea di tensione, sui passaggi che
conducono alla trasformazione. Il testo non si rifugia nel “politicamente corretto”, è eccitato
ed elettrizzante, fortemente vero e crudele: il pensiero radicale è rappresentato attraverso le
sue logiche stringenti e per i suoi valori del tutto basati sul sentire viscerale, rendendo ciò che
viene rivelato contemporaneamente condivisibile e inaccettabile. La messinscena è costruita
su questa musicalità violenta, su questo contrappunto umano di sentimenti opposti: all'attore
è affidata tutta l'energia del lavoro, immerso in una scena spoglia, fatta da un solo oggetto
mantello-coperta-cortina-sudario, costruito da brandelli di bandiere di stati e marchi icona,
sciarpe e magliette della tifoseria calcistica. Il suono è una macchina perfetta capace di
amplificare il corpo fino a renderlo ambientali e ridurre i suoni dell'ambiente a degli stati della
mente.
Il lavoro è calato completamente nella rabbia odierna, nella sua auto alimentazione e nel suo
compiacimento ed è il frutto di un pensiero più generale sulla cultura del dissenso e sulle sue
derive. In questo lavoro è rappresentata un iper umanità, un eccesso di sensibilità condotto
fino all'estremo. Non assistiamo a una macchinazione fredda, ideologica e militare, velo di
cui rivestiamo la nostra idea di kamikaze. Affiorano invece i punti in comune con il sentire
contemporaneo, con la sua avversione cocente, dolorosa e battente nei confronti del potere,
del malgoverno, delle più gravi alienazioni tipiche della nostra società. Il lavoro è uno
scomodo interrogativo sulle motivazioni di resistenza e di rivolta.