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Phoebe Zeitgeist

TORQUATO TASSO

una discesa nel verso

dal dramma di Johann Wolfgang Goethe

Ideazione e Regia Giuseppe Isgrò

Drammaturgia Francesca Marianna Consonni, Giuseppe Isgrò

con Daniele Fedeli

Sound Shari DeLorian

Visuals Luca Intermite

 

Voce off Giovanni Franzoni

In video Francesca Frigoli, Maria Bacci Pasello

Cura del progetto Francesca Marianna Consonni

Immagine Francesca Frigoli

Assistenza scene e costumi Danilo Vuolo

Assistenti alla regia Giorgia Angioletti, Giulia Dalle Rive

Prodotto da Teatro Elfo Puccini

In collaborazione con Teatro E (Trento)

con il sostegno di Terzo Paesaggio, Odemà, Teatro Chisciotte (Montecelio)

 

«Ich bitte Dich,

entreisse dich dir selbst!»»

Io ti prego, strappa te a te stesso!

 

Goethe scrisse poco più che quarantenne quest’ opera teatrale, attratto dalla figura di Torquato

Tasso, il primo poeta cortigiano che, sotto la custodia e la lusinga del potere, impazzisce a causa dei rapporti di corte e delle strategie finalizzate o interessate dei cortigiani.

Il Tasso immaginato da Goethe corrisponde a quello che ritroviamo nelle sue lettere, anch'esse materiale per la drammaturgia, ovvero un individuo fragile, ipersensibile, frenetico. Tasso è anche, per queste stesse caratteristiche, un uomo in grado di leggere sotto le intenzioni degli altri e scoperchiarle, un artista capace di costruire mondi esemplari, nonché un cortigiano che ha come maggior virtù ciò che la corte trova disdicevole e potenzialmente pericoloso per l'ordine precostituito, ovvero “esigere da sé l'impossibile per poterlo esigere poi dagli altri”.

 

Il Konzept registico-drammaturgico è quello di ritrovare il Tasso nel pieno del suo delirio, una volta recluso nell'Ospedale di Sant'Anna a Ferrara, devastato dagli accadimenti appena trascorsi e invaso dalle figure che hanno determinato il suo impazzimento: il paterno Alfonso Duca di Ferrara, lo strategico Antonio Segretario di Stato, la seduttiva Contessa Lenora Sanvitale e la Principessa Lenora d'Este, oggetto dell'amore squilibrato del poeta. I versi di Goethe sono quindi ripensati come un canto interiore, musicale e straziante, in cui

risuonano le voci e lo stridore che queste voci hanno creato nell'animo del poeta, suoni che ne hanno infine sovrastato il verso. In particolar modo l'esperienza drammaturgica è anche quella di calarsi in un linguaggio affascinante come quello che compone il dramma di Goethe e farne percepire tutte le proprietà e qualità, dall'aspetto comico a quello tragico, dall'aspetto fonetico a quello carnale di ciascuna parola. Il lavoro è dunque interpretato da un unico attore a cui è affidato il compito di dare vita a questo concerto interiore, con l'uso della propria voce e con una continua trasformazione in scena, sotto gli occhi del pubblico.

La ricerca si concentra sulla musicalità della parola e del verso di Goethe, unitamente all'individuazione di una dimensione sonora che incarni la tensione del poeta con la realtà, tirata sui nervi, come suon di nerbo, come corde che vibrando, trasmettano l'onda psichica ed emotiva di un Tasso definitivamente stordito dal potere. Il suono e la drammaturgia sonora sono infatti una dimensione di ricerca che Phoebe Zeitgeist esplora da sempre nei suoi spettacoli, utilizzando modi e canali di ricerca differenti, dal suono dal vivo, con la presenza in scena di strumenti e musicisti, al suono prodotto live dagli attori, con il supporto di dispositivi sia analogici che elettronici. In questo lavoro si costruisce un'architettura sonora fatta di oggetti sonanti costruiti appositamente per la scena e di risuonatori che hanno la funzione di moltiplicare le frequenze sonore utilizzate, di modularle, di perturbarle.

L'interesse verso questo testo è per Phoebe Zeitgeist in continuità con i lavori precedenti e in

particolare con il Baal di Brecht, figura parallela e opposta di artista, irriducibile anch'egli a

gerarchie e a rapporti di utilità. Ma la differenza è fondamentale: Baal è un satiro anarcoide che

critica e travolge la società che lo circonda, mentre Tasso desidera fortemente rimanere nel sistema

che lo garantisce e lo nutre ma vi è impossibilitato dal continuo cambio di mire e fini che questo

sistema attua per sua natura.

Punto comune di queste due figure è invece la dolorosa e vertiginosa solitudine e uno

sbilanciamento nel sentire, motivo di tanta forza poetica che diviene nella vita dell'artista un auto

condanna fatale.

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