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Da Aprileonline, 11 giugno 2008

Testo e disegni di Renzo Francabandera

 

Un testo teatrale di Agota Kristof mai rappresentato in Italia, è andato in scena al Teatro dell'Elfo domenica 8 giugno. La Compagnia PhoebeZeitgeistTeatro si confronta con i temi cari all'autrice: il tempo, le età della vita, dall'infanzia spietata alla disillusione.

 

Line. Caro(line).

Line, ancora non adolescente, si innamora di Marc, di dieci anni più grande. Lui guarda altrove, a ragazze grandi quanto lui. Line resta oltre la siepe a cercare il gatto e a giocare con l'hula hop.

Dieci anni dopo lei torna in quel giardino quasi incantato, astratto, fuori-luogo.

E ritrova lui. I suoi dieci anni dopo. I suoi fallimenti. Il suo voler tornare a cercare un mondo suo, infantilmente speranzoso di trovare tutto uguale, uterino, il perennemente identico e rassicurante in cui rincantucciarsi.

Ma la panchina ha cambiato colore, il legno caldo dell'infanzia ha lasciato posto ad un'algida età adulta.

Line non c'è più. I suoi suoni magici, le sue movenze infantili.

Caro(line) reclama le sue scelte, il suo presente e il suo futuro. Marc invece guarda già ad un suo passato, ad un'esperienza che ha traumatizzato le sue rigidità adolescenziali senza trasformarlo in un uomo veramente adulto.

Caro(line) ha la borsa rossa. Studia economia. Vuole la sua vita, non emozioni di seconda mano.

 

Agota Kristof, ungherese, del 1935, rifugiata in Svizzera nel 1956, vive a Neuchatel. Scrittrice notissima ha pubblicato tra il 1986 e il 1991 tre romanzi, "Il grande quaderno" (1986) ; "La prova" (1988); "La terza menzogna" (1991), usciti in traduzione italiana per Einaudi nel 1998 sotto il titolo di "La trilogia di K.". "La trilogia" è in scena all'Elfo fino al 22 giugno 2008 con la regia di Cristina Crippa ed Elio de Capitani.

Per completare l'omaggio all'autrice e dare una visione ancora più ampia del suo lavoro e delle tematiche narrative e drammaturgiche, il teatro milanese ha ospitato domenica 8 giugno la giovane compagnia PhoebeZeitgeistTeatro, che ha portato in scena Line - il tempo.

Giardino magico, incantato. All'inizio i personaggi sono quasi da cartoon, da favola, si muovono in modo strano in uno spazio scenico fatto di una siepe metallica a rete, che prelude però già a divisioni adulte, come le pareti di metallo a forma sinusoidale di Richard Serra.

 

Dieci anni dopo tutto è raffreddato. Le luci raggelano. Incantato resta solo lui, incantato come un disco, come uno sguardo che non si distoglie, mentre quello che si guarda è già andato via.

La spiritosa e composta regia di Giuseppe Isgrò, fa muovere ora come persone, ora come personaggi, ora come piccole macchine Fabrizio Matteini, Francesca Frigoli, Karin Freschi e Margherita Ortolani, un gruppo di giovani attori che muove il proprio ambito di indagine personale e collettivo in diversi campi dell'arte, dall'arte alla fotografia, alla musica.

L'effetto d'insieme dei contributi di ciascuno alla pièce, il comune multiplo della ricerca è leggero e denso insieme. In una sola ora di spettacolo gli equivoci della vita, del linguaggio, delle speranze si manifestano con dinamica ricorsiva fra luce ed ombra, appaiono per poi dissolversi fra movimenti sincopati e voci fuori campo, si fingono sogno e sono realtà, si vorrebbe fossero realtà e sono solo sogno: emerge un'incapacità, spesso maschile, di non saper affrontare le sfide della vita, e il desiderio di poter tornare indietro, illudendosi che tutto sia rimasto com'era. E invece in dieci anni può succedere di tutto.

Può capitare di non essere più gli stessi, ma mantenendo la memoria, a volte dura, di essere stati.

- Lasciami il braccio.

- Ma non mi dai neanche una speranza?

-Perché, tu me ne hai date?

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